Metti una
nevicata record in uno dei luoghi più belli del mondo, le Cinque Terre, un bel
gruppo di amici e un pizzico di lucida follia. Il resto vien da sé.
Il Kutt/Ta: il
primo evento trail autogestito, organizzato dagli amici del Team Kutt in questo
2013 appena cominciato. Settimane passate a scorrere cartine, tracce GPS e pure
immagini da Google (non ero mai stato prima alle Cinque Terre). E poi pensieri
notturni su quali materiali adottare, su che scarpe utilizzare, su quali
sarebbero state le condizioni metereologiche che avremmo incontrato; ma
soprattutto una sensazione di attesa crescente e trepidante, di curiosità,
insomma di voglia di andare. Ed eccomi così in questa notte, non ancora
esauritasi in alba e che regala sui tetti di Bergeggi un cielo che pare uno
specchio di stelle, intento agli ultimi preparativi prima di incontrarmi con
Beppe e volgere così la nostra marcia, ora autostradale, verso il Levante.
Fuori dal portoncino di casa, comincio il mio lungo cammino della giornata,
cavalcando i numerosi scalini (ma quanti ne incontreremo oggi) che mi portano
fino all’Aurelia. Pochi minuti e sono in auto con Beppe. Si parte!
I chilometri
scorrono fluidi e lievi come il ritmo dei nostri pensieri di prima mattina.
Incontriamo un po’ di neve intorno al Passo del Bracco, ma non si tratta ancora
di una fioccata intensa. Puntualissimi raggiungiamo La Spezia. La città ci
accoglie ancora sonnacchiosa, quasi assente eppure pronta a vivere una giornata
che anch’essa non dimenticherà. L’appuntamento con gli amici Kutteri è alla
stazione ferroviaria. Tutti puntualissimi, ma ahimè qualche naturale piccolo
contrattempo del mattino non ci permette di prendere il treno prestabilito.
Dopo qualche minuto trascorso a riflettere su quale piano b risultasse di
migliore attuazione, si opta per trascorrere il paio d’ore che ci separa dal
prossimo treno al calduccio del bar della stazione, tra un caffè e una brioche
alla crema, chiacchierando di trail, materiali e…bischerate. Intanto fuori
comincia a nevicare e in pochi minuti il gocciolìo bianco di nevischio si
trasforma in un lento e inesorabile fioccare di cristalli mai così grandi e
pesanti. E viene il momento di prendere il nuovo treno. Saliamo a bordo, ma
quel regionale non muoverà mai verso Levanto: neve e scambi gelati, convoglio
soppresso. Dunque ci troviamo ancora a La Spezia, ormai senza più treni
disponibili. La scelta così resta una sola: partire di corsa direttamente dalla
stazione in direzione Cinque Terre, per una andata e ritorno sui sentieri che
attraversano i crinali del promontorio. Questa scelta ci permetterà comunque di
percorrere qualche chilometro di trail, potendo però subito raggiungere le auto
a fine percorso ed evitare così di restare troppo tempo con addosso gli abiti
freddi e congelati.
Dunque, via!
Prime centinaia
di metri per uscire dalla città, diretti verso la collina. Corriamo ancora
sull’asfalto, ma sembra a tutti gli effetti di essere già sui sentieri, tanta è
la neve già caduta sotto i nostri piedi. I passanti ci scrutano con
un’espressione che tradisce forse perplessità, certamente sorpresa e curiosità
alla vista di un branco di Orsi che imperversano per le vie della città, tra
risate (ops…bramiti) e palle di neve. Il trail però in fondo è anche un po’
così. Ti senti strano, ciò che scorre intorno a te e strano, unico. E’ il
momento che sto vivendo insieme a questi ragazzi è certamente unico.
Bellissimo. Ora ci troviamo a percorrere l’immenso bosco che veste il
promontorio. I passi affondano nel manto di neve sempre più alto, mentre la
fitta vegetazione pare disegnare una galleria naturale di corteccia e resina.
Ogni tanto, un boato lontano ci racconta che qualcuno di questi tronchi ha
ceduto al peso della neve, finchè a pochi metri da noi non avviene proprio una
di queste “esplosioni”: il tronco, pur di diametro limitato, si spezza di netto
producendo un rumore forte e tonante, e sollevando in noi un’emozione di
sorpresa ma anche di ansia e preoccupazione. Ora vogliamo uscire da questo
bosco, anzi pare sia lui a chiedercelo, proprio con questo brontolio. Le nostre
voci forse lo disturbano, oggi tutto l’ecosistema pare gradire il caos calmo e
silenzioso portato dalla fitta nevicata. Giungiamo infine a un gruppo di case,
dove incontriamo l’amico Sirio che, nomen omen, sarà la nostra stella guida
per i prossimi chilometri. Ad attenderci ora vi è una lenta risalita del
versante, con i polpacci ormai abbandonati al manto soffice attraversato dalle
nostre orme. Procedo insieme a Carlo, passi piccoli e cadenzati, in questo
rumoroso silenzio interrotto solo dal nostro respiro. Cerchiamo insieme di
seguire la pista tracciata dai compagni avanti a noi, quasi a chiudere la
marcia di un branco di orsi di montagna. E’ un momento bello, carico di
pensieri ed emozioni. Giunti a un tratto di falsopiano, ci troviamo quasi
improvvisamente a correre all’impazzata in 40 centimetri di neve, cercando per
quanto possibile di sollevare le ginocchia e di non trascinare la falcata; ma
la stanchezza e il freddo si fanno sentire, ed ecco dunque che pure questo
esercizio risulta piuttosto complicato. Sui nostri volti però splende un
sorriso sincero, figlio certamente della passione genuina che ci ha portato
fino a questo punto, con questo tempo. Ci stiamo divertendo, credo non potremmo
davvero essere più felici. I momenti di foto e video si sprecano, con Giovanni
addetto alla GoPro di Alberto, che si prodiga in riprese degne di un
documentario naturalistico o sportivo, percorrendo più volte il gruppo avanti e
indietro.
Il dislivello
già affrontato, pur in un numero relativo di chilometri, comincia però a non
essere indifferente e decidiamo così di intraprendere la lunga discesa verso il
mare.
Intanto il tempo
sta cambiando, la nevicata cala di intensità per trasformarsi così in un misto
di nevischio e pioggia, meno pesante rispetto alla fioccata del mattino, ma
certamente più fredda e bagnata. Alla soglia del congelamento, scopriamo
comunque che il morale non è calato, anzi. Ora infatti anche la nebbiolina
diafana che ha avvolto i boschi attraversati nei primi chilometri, pare svanire
e pian piano si delinea dinanzi ai nostri occhi il profilo inconfondibile delle
Cinque Terre a picco sul mare, anch’esso ora libero dalla foschia nevosa. Sotto
di noi, quasi aggrappata alla terraferma, compare Riomaggiore, con il suo
inconfondibile borgo punteggiato di case colorate e profumate di Liguria. E’
abbastanza vicina, eppure ci sembra lontanissima così annegata nell’immenso
promontorio che la abbraccia. Le Cinque Terre innevate: uno spettacolo più
unico che raro. Qualcosa che ti resta dentro per sempre, non può essere
altrimenti. Qualcosa di eterno eppure anche così effimero, com’è naturale
nell’alternarsi ciclico e frenetico delle stagioni. Qualcosa insomma che va
immortalato; e dunque il buon Fede appollaiato sul bordo di un recinto,
realizza uno scatto quasi acrobatico, regalandoci però forse la più bella foto
paesaggistica della giornata, certamente la più suggestiva.
Ora ci attende
un dislivello negativo piuttosto importante. Non è un segnale confortante,
perché alle Cinque Terre, dislivello significa soprattutto scale. Centinaia e
centinaia di gradini, di altezza e lunghezza variabile, si arrampicano isterici
e cattivi su questi pendii, rendendo il percorso faticoso in salita e insidioso
in discesa. Dopo aver salutato Sirio che farà nuovamente ritorno verso casa e
averlo ringraziato di cuore per la guida preziosa che ci ha fornito, cominciamo
ad affrontare queste scalinate, interrotte ogni tanto da brevi terrazzi
agricoli, con calma e prudenza. Basta infatti un passo azzardato o un appoggio
instabile per trovarsi col fondoschiena appoggiato non certo delicatamente sul
bagnatissimo misto fango-neve che scorre sotto le nostre scarpe. Al termine di
questo tratto di scalini (non sarà comunque l’ultimo della giornata) ci attende
la strada statale, il modo più rapido (ma non breve) e certamente più sicuro e
logico in quel momento per tornare verso La Spezia. Questa è forse l’unica
parte un po’ noiosa di tutto il percorso (ovviamente non prevista nel tracciato
originale del Kutt/Ta che avrebbe mosso da Levanto). Infatti ci tocca risalire
il tracciato dell’ Aurelia fino al passo, controvento, bagnati fradici e
sull’asfalto, il fondo ora meno gradito dalle nostre caviglie; ma siamo in
ballo ormai e i Kutteri si dimostrano veri orsi inarrestabili. E così anche il
mio lento procedere sulla strada, in compagnia di questi ragazzi è un
divertimento e la fatica quasi non si avverte. Giunti dopo pochi chilometri
alla galleria di spartiacque e superata la stessa, ci troviamo d’improvviso in
un altro mondo. Di nuovo neve, tanta neve, anche sulla strada: una sensazione
piacevole, oltre alla percezione di un graditissimo tepore, dato certamente
proprio dalle mutate condizioni climatiche e ambientali. Ci sentiamo tutti
rinfrancati e attraversati da un’energia nuova. Siamo carichi di adrenalina e
motivazione e volgiamo così subito il passo in discesa verso La Spezia. Incontriamo
alcuni mezzi al lavoro per la pulizia della carreggiata, come pure qualche
automobilista che ci scruta curioso. Un paio di chilometri e decidiamo di
affrontare il secondo tratto di scalini, quello che ci porterà direttamente in
città. Le gambe sono un po’ stanche, ma tutto sommato ancora abbastanza
reattive e anche questa nuova scalinata passa via veloce. Per me la
consapevolezza di dovere ancora lavorare molto, tra le altre cose, anche alla
tecnica di discesa su scalini in queste particolari condizioni. E’ Piero a
farmelo notare, spiegandomi quanto sia opportuno in questo caso scendere maggiormente
di avampiede, privilegiando la sensibilità e il controllo dello stesso e
sfruttando anche in questo caso le caratteristiche di reattività delle “zampe”
Karhu, rispetto alla più classica andatura “di tallone”, più rullante, che
spesso si adotta quando si rallenta per la stanchezza. Faccio mio il preziosissimo
consiglio di Piero e d’ora in avanti presterò più attenzione anche a questi
particolari.
Tutto bene
comunque, ora siamo tra le case e le vie di La Spezia. Ad accompagnarci in
queste ultime centinaia di metri, corse sguazzando tra pozzanghere di acqua
gelida e grumi di neve non ancora sciolta, anche qualche timido raggio di Sole.
Il nostro traguardo alla stazione di La Spezia non poteva essere salutato e
celebrato meglio. Una corsa veloce alle auto a infilarsi abiti asciutti, è
tempo di festa e baldoria: è terzo tempo!
Il pranzo, anzi
data l’ora il merendone, scorre via tra impressioni sulla giornata e piacevoli
chiacchiere. Ultimo giro mangereccio a base di budini, pannacotta e pastiera
per Beppe e Fede, e viene il momento di tornare alle auto. Ci aspettano un paio
d’ore di viaggio in entrambe le direzioni. Ci si abbraccia, felici e
soddisfatti per la giornata e la piccola impresa (metereologicamente parlando)
compiuta. Soprattutto però, si avverte l’uno negli occhi dell’altro la
consapevolezza di aver vissuto insieme un’avventura davvero indimenticabile.
Sorridiamo e i nostri volti sono carichi di passione sincera, di contentezza e
di amicizia quasi fraterna. Così la prima edizione del Kutt/ta va in archivio.
Ora sono
nuovamente qui nella casa bergeggina di Beppe, con il paese infreddolito e
addormentato come questa mattina. Scorrono nella mente ancora mentre scrivo
queste righe, le immagini della giornata: La Spezia innevata, il bosco e la sua
voce di tuono e corteccia che si spezza, il grande Sirio che ci viene incontro
nella nevicata e che pare uscire direttamente dalle pagine di Jack London. Il
buon Carlo a onorare il Kutt/Ta con il suo inconfondibile baschetto: un onore
averti corso al fianco. Il grande Piero, che rende omaggio al suo nick @Rush, mostrando
una fantastica progressione finale tra le pozzanghere spezzine. Federico e
Giovanni, fotografo e operatore per l’occasione, che accompagnano instancabili
tutto il gruppo, curandosi sempre di non lasciare mai nessuno indietro, e
regalando a questo Kutt/Ta riprese e istantanee che resteranno ben impresse
nella memoria. E poi ancora Andrea, il grande orso con i bastoncini, gigante
buono a fungere da colonna portante di tutto il gruppo. Il faccione sempre
sorridente di Alberto, bersaglio preferito di battute e scherzi e pure di palle
di neve, ma anche amico vero su cui poter sempre contare. E infine naturalmente
il carissimo Beppe, il mio “papà Orso” in tutti i sensi: ogni chilometro che
percorro e percorrerò ancora sui sentieri, lo devo alla sua pazienza, alla
conoscenza tecnica e all’esperienza che mi trasmette da quando ci siamo
conosciuti.
Che gruppo
splendido. Certo, una bella e giovane realtà del mondo trail, ma soprattutto un
bell’esempio di amicizia e affiatamento tra persone semplici e normali, che
condividono e trasmettono la loro grande passione. Una lezione anche umana,
davvero preziosa. Una gioia e pure un grande regalo del destino, aver potuto
trascorrere una giornata insieme a loro.
Nessun commento:
Posta un commento