lunedì 11 marzo 2013

Kutt/Ta: una giornata sulle tracce degli Orsi. (di Manu On Trail)


Metti una nevicata record in uno dei luoghi più belli del mondo, le Cinque Terre, un bel gruppo di amici e un pizzico di lucida follia. Il resto vien da sé. 

Il Kutt/Ta: il primo evento trail autogestito, organizzato dagli amici del Team Kutt in questo 2013 appena cominciato. Settimane passate a scorrere cartine, tracce GPS e pure immagini da Google (non ero mai stato prima alle Cinque Terre). E poi pensieri notturni su quali materiali adottare, su che scarpe utilizzare, su quali sarebbero state le condizioni metereologiche che avremmo incontrato; ma soprattutto una sensazione di attesa crescente e trepidante, di curiosità, insomma di voglia di andare. Ed eccomi così in questa notte, non ancora esauritasi in alba e che regala sui tetti di Bergeggi un cielo che pare uno specchio di stelle, intento agli ultimi preparativi prima di incontrarmi con Beppe e volgere così la nostra marcia, ora autostradale, verso il Levante. Fuori dal portoncino di casa, comincio il mio lungo cammino della giornata, cavalcando i numerosi scalini (ma quanti ne incontreremo oggi) che mi portano fino all’Aurelia. Pochi minuti e sono in auto con Beppe. Si parte! 

I chilometri scorrono fluidi e lievi come il ritmo dei nostri pensieri di prima mattina. Incontriamo un po’ di neve intorno al Passo del Bracco, ma non si tratta ancora di una fioccata intensa. Puntualissimi raggiungiamo La Spezia. La città ci accoglie ancora sonnacchiosa, quasi assente eppure pronta a vivere una giornata che anch’essa non dimenticherà. L’appuntamento con gli amici Kutteri è alla stazione ferroviaria. Tutti puntualissimi, ma ahimè qualche naturale piccolo contrattempo del mattino non ci permette di prendere il treno prestabilito. Dopo qualche minuto trascorso a riflettere su quale piano b risultasse di migliore attuazione, si opta per trascorrere il paio d’ore che ci separa dal prossimo treno al calduccio del bar della stazione, tra un caffè e una brioche alla crema, chiacchierando di trail, materiali e…bischerate. Intanto fuori comincia a nevicare e in pochi minuti il gocciolìo bianco di nevischio si trasforma in un lento e inesorabile fioccare di cristalli mai così grandi e pesanti. E viene il momento di prendere il nuovo treno. Saliamo a bordo, ma quel regionale non muoverà mai verso Levanto: neve e scambi gelati, convoglio soppresso. Dunque ci troviamo ancora a La Spezia, ormai senza più treni disponibili. La scelta così resta una sola: partire di corsa direttamente dalla stazione in direzione Cinque Terre, per una andata e ritorno sui sentieri che attraversano i crinali del promontorio. Questa scelta ci permetterà comunque di percorrere qualche chilometro di trail, potendo però subito raggiungere le auto a fine percorso ed evitare così di restare troppo tempo con addosso gli abiti freddi e congelati.  

Dunque, via! 

Prime centinaia di metri per uscire dalla città, diretti verso la collina. Corriamo ancora sull’asfalto, ma sembra a tutti gli effetti di essere già sui sentieri, tanta è la neve già caduta sotto i nostri piedi. I passanti ci scrutano con un’espressione che tradisce forse perplessità, certamente sorpresa e curiosità alla vista di un branco di Orsi che imperversano per le vie della città, tra risate (ops…bramiti) e palle di neve. Il trail però in fondo è anche un po’ così. Ti senti strano, ciò che scorre intorno a te e strano, unico. E’ il momento che sto vivendo insieme a questi ragazzi è certamente unico. Bellissimo. Ora ci troviamo a percorrere l’immenso bosco che veste il promontorio. I passi affondano nel manto di neve sempre più alto, mentre la fitta vegetazione pare disegnare una galleria naturale di corteccia e resina. Ogni tanto, un boato lontano ci racconta che qualcuno di questi tronchi ha ceduto al peso della neve, finchè a pochi metri da noi non avviene proprio una di queste “esplosioni”: il tronco, pur di diametro limitato, si spezza di netto producendo un rumore forte e tonante, e sollevando in noi un’emozione di sorpresa ma anche di ansia e preoccupazione. Ora vogliamo uscire da questo bosco, anzi pare sia lui a chiedercelo, proprio con questo brontolio. Le nostre voci forse lo disturbano, oggi tutto l’ecosistema pare gradire il caos calmo e silenzioso portato dalla fitta nevicata. Giungiamo infine a un gruppo di case, dove incontriamo l’amico Sirio che,  nomen omen, sarà la nostra stella guida per i prossimi chilometri. Ad attenderci ora vi è una lenta risalita del versante, con i polpacci ormai abbandonati al manto soffice attraversato dalle nostre orme. Procedo insieme a Carlo, passi piccoli e cadenzati, in questo rumoroso silenzio interrotto solo dal nostro respiro. Cerchiamo insieme di seguire la pista tracciata dai compagni avanti a noi, quasi a chiudere la marcia di un branco di orsi di montagna. E’ un momento bello, carico di pensieri ed emozioni. Giunti a un tratto di falsopiano, ci troviamo quasi improvvisamente a correre all’impazzata in 40 centimetri di neve, cercando per quanto possibile di sollevare le ginocchia e di non trascinare la falcata; ma la stanchezza e il freddo si fanno sentire, ed ecco dunque che pure questo esercizio risulta piuttosto complicato. Sui nostri volti però splende un sorriso sincero, figlio certamente della passione genuina che ci ha portato fino a questo punto, con questo tempo. Ci stiamo divertendo, credo non potremmo davvero essere più felici. I momenti di foto e video si sprecano, con Giovanni addetto alla GoPro di Alberto, che si prodiga in riprese degne di un documentario naturalistico o sportivo, percorrendo più volte il gruppo avanti e indietro.

Il dislivello già affrontato, pur in un numero relativo di chilometri, comincia però a non essere indifferente e decidiamo così di intraprendere la lunga discesa verso il mare.

Intanto il tempo sta cambiando, la nevicata cala di intensità per trasformarsi così in un misto di nevischio e pioggia, meno pesante rispetto alla fioccata del mattino, ma certamente più fredda e bagnata. Alla soglia del congelamento, scopriamo comunque che il morale non è calato, anzi. Ora infatti anche la nebbiolina diafana che ha avvolto i boschi attraversati nei primi chilometri, pare svanire e pian piano si delinea dinanzi ai nostri occhi il profilo inconfondibile delle Cinque Terre a picco sul mare, anch’esso ora libero dalla foschia nevosa. Sotto di noi, quasi aggrappata alla terraferma, compare Riomaggiore, con il suo inconfondibile borgo punteggiato di case colorate e profumate di Liguria. E’ abbastanza vicina, eppure ci sembra lontanissima così annegata nell’immenso promontorio che la abbraccia. Le Cinque Terre innevate: uno spettacolo più unico che raro. Qualcosa che ti resta dentro per sempre, non può essere altrimenti. Qualcosa di eterno eppure anche così effimero, com’è naturale nell’alternarsi ciclico e frenetico delle stagioni. Qualcosa insomma che va immortalato; e dunque il buon Fede appollaiato sul bordo di un recinto, realizza uno scatto quasi acrobatico, regalandoci però forse la più bella foto paesaggistica della giornata, certamente la più suggestiva.

Ora ci attende un dislivello negativo piuttosto importante. Non è un segnale confortante, perché alle Cinque Terre, dislivello significa soprattutto scale. Centinaia e centinaia di gradini, di altezza e lunghezza variabile, si arrampicano isterici e cattivi su questi pendii, rendendo il percorso faticoso in salita e insidioso in discesa. Dopo aver salutato Sirio che farà nuovamente ritorno verso casa e averlo ringraziato di cuore per la guida preziosa che ci ha fornito, cominciamo ad affrontare queste scalinate, interrotte ogni tanto da brevi terrazzi agricoli, con calma e prudenza. Basta infatti un passo azzardato o un appoggio instabile per trovarsi col fondoschiena appoggiato non certo delicatamente sul bagnatissimo misto fango-neve che scorre sotto le nostre scarpe. Al termine di questo tratto di scalini (non sarà comunque l’ultimo della giornata) ci attende la strada statale, il modo più rapido (ma non breve) e certamente più sicuro e logico in quel momento per tornare verso La Spezia. Questa è forse l’unica parte un po’ noiosa di tutto il percorso (ovviamente non prevista nel tracciato originale del Kutt/Ta che avrebbe mosso da Levanto). Infatti ci tocca risalire il tracciato dell’ Aurelia fino al passo, controvento, bagnati fradici e sull’asfalto, il fondo ora meno gradito dalle nostre caviglie; ma siamo in ballo ormai e i Kutteri si dimostrano veri orsi inarrestabili. E così anche il mio lento procedere sulla strada, in compagnia di questi ragazzi è un divertimento e la fatica quasi non si avverte. Giunti dopo pochi chilometri alla galleria di spartiacque e superata la stessa, ci troviamo d’improvviso in un altro mondo. Di nuovo neve, tanta neve, anche sulla strada: una sensazione piacevole, oltre alla percezione di un graditissimo tepore, dato certamente proprio dalle mutate condizioni climatiche e ambientali. Ci sentiamo tutti rinfrancati e attraversati da un’energia nuova. Siamo carichi di adrenalina e motivazione e volgiamo così subito il passo in discesa verso La Spezia. Incontriamo alcuni mezzi al lavoro per la pulizia della carreggiata, come pure qualche automobilista che ci scruta curioso. Un paio di chilometri e decidiamo di affrontare il secondo tratto di scalini, quello che ci porterà direttamente in città. Le gambe sono un po’ stanche, ma tutto sommato ancora abbastanza reattive e anche questa nuova scalinata passa via veloce. Per me la consapevolezza di dovere ancora lavorare molto, tra le altre cose, anche alla tecnica di discesa su scalini in queste particolari condizioni. E’ Piero a farmelo notare, spiegandomi quanto sia opportuno in questo caso scendere maggiormente di avampiede, privilegiando la sensibilità e il controllo dello stesso e sfruttando anche in questo caso le caratteristiche di reattività delle “zampe” Karhu, rispetto alla più classica andatura “di tallone”, più rullante, che spesso si adotta quando si rallenta per la stanchezza. Faccio mio il preziosissimo consiglio di Piero e d’ora in avanti presterò più attenzione anche a questi particolari.

Tutto bene comunque, ora siamo tra le case e le vie di La Spezia. Ad accompagnarci in queste ultime centinaia di metri, corse sguazzando tra pozzanghere di acqua gelida e grumi di neve non ancora sciolta, anche qualche timido raggio di Sole. Il nostro traguardo alla stazione di La Spezia non poteva essere salutato e celebrato meglio. Una corsa veloce alle auto a infilarsi abiti asciutti, è tempo di festa e baldoria: è terzo tempo!

 Un po’ stanchi e molto affamati, ci infiliamo in una pizzeria poco distante, dove ci vengono servite lasagne, salsicce, verdure e pure una buona zuppa calda. Il tutto innaffiato dall’immancabile birra.

Il pranzo, anzi data l’ora il merendone, scorre via tra impressioni sulla giornata e piacevoli chiacchiere. Ultimo giro mangereccio a base di budini, pannacotta e pastiera per Beppe e Fede, e viene il momento di tornare alle auto. Ci aspettano un paio d’ore di viaggio in entrambe le direzioni. Ci si abbraccia, felici e soddisfatti per la giornata e la piccola impresa (metereologicamente parlando) compiuta. Soprattutto però, si avverte l’uno negli occhi dell’altro la consapevolezza di aver vissuto insieme un’avventura davvero indimenticabile. Sorridiamo e i nostri volti sono carichi di passione sincera, di contentezza e di amicizia quasi fraterna. Così la prima edizione del Kutt/ta va in archivio. 

Ora sono nuovamente qui nella casa bergeggina di Beppe, con il paese infreddolito e addormentato come questa mattina. Scorrono nella mente ancora mentre scrivo queste righe, le immagini della giornata: La Spezia innevata, il bosco e la sua voce di tuono e corteccia che si spezza, il grande Sirio che ci viene incontro nella nevicata e che pare uscire direttamente dalle pagine di Jack London. Il buon Carlo a onorare il Kutt/Ta con il suo inconfondibile baschetto: un onore averti corso al fianco. Il grande Piero, che rende omaggio al suo nick @Rush, mostrando una fantastica progressione finale tra le pozzanghere spezzine. Federico e Giovanni, fotografo e operatore per l’occasione, che accompagnano instancabili tutto il gruppo, curandosi sempre di non lasciare mai nessuno indietro, e regalando a questo Kutt/Ta riprese e istantanee che resteranno ben impresse nella memoria. E poi ancora Andrea, il grande orso con i bastoncini, gigante buono a fungere da colonna portante di tutto il gruppo. Il faccione sempre sorridente di Alberto, bersaglio preferito di battute e scherzi e pure di palle di neve, ma anche amico vero su cui poter sempre contare. E infine naturalmente il carissimo Beppe, il mio “papà Orso” in tutti i sensi: ogni chilometro che percorro e percorrerò ancora sui sentieri, lo devo alla sua pazienza, alla conoscenza tecnica e all’esperienza che mi trasmette da quando ci siamo conosciuti.

Che gruppo splendido. Certo, una bella e giovane realtà del mondo trail, ma soprattutto un bell’esempio di amicizia e affiatamento tra persone semplici e normali, che condividono e trasmettono la loro grande passione. Una lezione anche umana, davvero preziosa. Una gioia e pure un grande regalo del destino, aver potuto trascorrere una giornata insieme a loro.

 Si spegne la luce, è ora di dormire. Con la silenziosa speranza di rivivere ancora in sogno la corsa a perdifiato nella neve delle Cinque Terre. Onirico e realtà quali elementi antitetici eppure sovrapposti e compenetrati. Potere del Kutt/ta. Potere del trail.

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